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Intollerabile perdente femminista

“Lei forse non conosce le battaglie femministe che abbiamo fatto in Italia”.

Io la guardo, con occhi sgranati, come direbbero in un romanzo del 900, e cerco di capire cosa non ha notato in me.

Forse non ha ascoltato bene come parlo, eppure mi sembra impossibile, perché il mio accento, marcatamente veneto, dovrebbe escludere qualsiasi dubbio sul fatto che la mia unica nazionalità sia quella italiana.

Allora capisco, l’ha confusa il colore della mia pelle.

Allora ci provo, a dirle che io sono solo italiana, e che sono laureata 110, in tempo, zero ritardi, tutti gli esami apposto. Eppure continua,

forse non sa che le femministe.

E io ci provo, a spiegargli che io le conosco le lotte femministe, che ho guardato tutti i film, documentari, ho letto i libri, io so, quasi, tutto.

Ma lei non mi sente.

E per lo spirito masochista che mi contraddistingue mi metto in discussione.

[Il sentimento di colpa, proprio della religione cristiana, religione che mi ha cresciuta.]

Allora penso.

A cos’ho fatto per essere trattata come una cattiva femminista.

Alla mattina mi ero vestita bene, per mantenere le apparenze, obbligatorie in quel luogo.


E mi ero anche depilata. Forse lei l’aveva notato quel particolare, per quello raggio laser che contraddistingue chi sa che hai fatto qualcosa di antifemminista.

Mi truccavo regolarmente a livelli pro, e forse una brava femminista deve girare sciatta.

Credo. Non ne ho idea.

E in quel momento lei mi chiese se a casa io stirassi regolarmente, (un risolino da parte della persona che mi era vicina).

E mi sentii in colpa, di nuovo,

io dico,

io stiravo all’inizio, ma poi avevamo fatto un patto. E mi fermo.

è cosa?

La prova tangibile che sei una cattiva femminista. La giustificazione.

E allora smetto di dimenarmi, di lottare, mi piego a quello che vogliono loro, dico le cose, sputando veleno, poco a poco e capisco che non ho fatto niente di male.

Che sono una cattiva femminista, di quelle che una volta nella vita hanno detto ad un’altra donna “stupida troia”. Che hanno giudicato, ho votato contro.

Mi sono abbandonata a relazioni disgustose pur di far contenta l’altra persona, ho perso.

È colpa mia. Sono una cattiva femminista.

Sento le piaghe della colpa, non mi interessa i vostro parere.


Inizierò un nuovo movimento. E tu donna con il cardigan non sarai invitata.

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