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Ripartizioni eque e religiose

La divisione dei pani e dei pesci, ecco a cosa ho pensato quando mi è stato detto: “fai una lista delle cose che sono rimaste in casa sua”.

Ho fatto una lista molto generica, libri, foto, quaderni, vestiti, insomma tutto quello che non è mio. 
Anche perché in dieci anni di relazione e quasi la metà di convivenza quello che è tuo e quello che non lo è diventa difficile da stabilirsi. 

Per esempio, 
la maglia bucata che ha comprato LUI al concerto reggae, quando ancora eravamo così spensierati da andarci. 

[Stare male, e nessuno se ne era accorto, e sono rimasta fuori agonizzante un’ora.]
(Sarà un ricordo bellissimo da raccontare ai miei nipoti)

Insomma, quella maglia, che era sua, però l’ho sempre usata io come pigiama, è da considerarsi mia perché l’ho usata più io, o no? 

Alla fine che cosa me ne faccio di una maglia bucata? Che cosa me ne facevo? 

Non lo so. 

Penso fosse come un peluche di cui non ti vuoi separare perché ti ricorda quando potevi bere alcolici scadenti (o scaduti) per giorni senza morire, il giorno dopo. E i carboidrati a cena non mi facevano male.

Insomma 

cosa mi porto via? –RISPOSTA- Quello che è mio e basta. 

Sì però i suoi hard disk sono pieni di foto mie, che lui non guarderà mai. 

E come faccio?

Una vecchia coinquilina mi disse che lei entrò nella casa del suo ex, con un’amica giapponese
(perché ci sono sempre giapponesi quando si parla di ordine o cose annesse?) 
e si prese solo le cose che le davano una buona energia. 

Cosa mi dava buona energia? 
Il mio tavolino di legno. 

O mio dio, era piccolo molto shabby chic, praticamente un affare. 

Preso solo perché la stronza, (padrona di un negozio di mobili indiana che si era guadagnata questo soprannome dopo aver derubato generazioni e generazioni di espatriati). 

Insomma, 
la stronza si dimenticò di cambiare il prezzo a quel tavolino, e io lo pagai la metà. E fu come vincere alla lotteria. Ecco, quello mi dava gioia, aver portato via il tavolino alla stronza, per un prezzo stracciato.

Dicevo, 
l’eterno dilemma, 

mi prendo tutto quello che è mio, e poi al limite lo butto negli angoli della mia memoria che mi ricordano che ormai quello che era nostro è solo mio?
O mi prendo quello che mi dà una buona energia rischiando che mesi dopo senta la mancanza di quella maglia bucata che mi ricorda la gioventù che ormai non tornerà?

Nessuno mette mai in conto questi microtraumi da separazione. 

Bisognerebbe vivere in case divise a metà, 
alla faccia del vissero felici e contenti. 
Così adesso potrei staccare il mio pezzo senza perdere troppo tempo. 

Ah sì, anche il mio cane mi dava energia positiva, ma quello non è una cosa. 

E mi sa che quando abbiamo staccato la mia parte di edificio lui stava dormendo dalla parte che non era mia. 

Non è mai stato un cane sveglio, 
era biondo dentro anche lui.

2 risposte a “Ripartizioni eque e religiose”

  1. Mi dispiace per il cane, chiudi gli occhi e pensa a cio’ che ti potrebbe rendere felice e chiedilo indietro. Togliti pure un poco di sfizi per pura stronzaggine. O forse quello no, scusa! Sei tosta e farai quello che ti fa star bene. 🙂

    TORNATE A FARE VIDEOOOO

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