Autoinfliggermi colpe quando vado dalla psicologa è il mio sport preferito.
Ormai lo sa e semplicemente mi dice di smetterla, di essere obiettiva.
Perché lo sappiamo tutte e due che ho solo bisogno di una persona che mi dica: – no non è vero- .
Come le anoressiche che dicono di essere grasse, o quelle belle che dicono di essere brutte, poi ci sono io che dico di essere vecchia e miserabile e forse lo penso veramente.
Insomma.
Oggi voglio che lei lo pensi davvero,
(che sono una persona orribile intendo)
e le racconto questa storia e spero che mi dia ragione, perché ho bisogno di sentire che ho ragione.
Ottobre scorso: ho scoperto di essere diventata adulta.
È stato come ricevere uno schiaffo ed è successo mentre ero in camera da letto, nella mia vecchia casa, quella che ora non è più mia, anche se ci sono le mie cose dentro.
Divago.
L’ho scoperto in camera, dicevo, grazie a un messaggio istantaneo che mi avvisava che stavo per diventare zia.
[Ovviamente il nascituro non aveva e non ha nessun legame di sangue con me, che era mio nipote l’avrei deciso dopo, per il senso di superiorità che mi contraddistingue e mi fa dare titoli e legami a persone sconosciute.]
Insomma.
Scopro che mio nipote esisteva, che cresceva nella pancia della mia amica e che stava bene, e di lì a pochi mesi sarebbe diventato un essere umano.
E io ho sentito solo un sacco di rabbia, perché non lo volevo quel nipote, mi sembrava una forzatura alla mia vita.
Stavo bene, nel mio limbo, un po’ post adolescenziale. Con i miei bei salami sugli occhi e le frasi – quando diventeremo grandi, faremo, saremo, diremo e saremo migliori di tutti- .
E alla fine mi sono resa conto che il futuro era già presente, io sarei diventata zia e non lo volevo accettare.
E quell’ammasso di carne e organi e amore, che ormai tutti già gli volevano, mi sembrava tutto sprecato.
Solo perché mi metteva di fronte al fatto che non potevo più ignorare.
Che avevo sbagliato tutto e stavo sbagliando tutto e alla fine io lo sapevo che il matrimonio era finito, che eravamo due estranei che sapevano cose che non volevano ammettere.
Però era molto più semplice consumarsi pian pianino e non lasciare quel comodo, piccolo guscio fatto di abitudini e bugie.
E alla fine io l’ho lasciata – la casa che non è più mia eppure ha un sacco di cose mie dentro – e mi ritrovo qua.
In questa stanza che è bianca forse perché il bianco infonde calma, a parlare con un’estranea che non mi vuole dare la soddisfazione di dire che ho ragione. E forse alla fine va bene così.
Mi sono girata e non ho visto più chi ero o cosa stavo diventando e ho avuto paura.
E il fatto che qualcuno invece non avesse paura di mettere al mondo qualcun altro mi provocava solo tanto dolore.
Avevo capito di aver sbagliato tutto.
E non ho visto più niente.
Spero che mio nipote un giorno non diventi una persona di merda.
Perché adesso gli voglio bene.
Sono una persona orribile?
2 risposte a “Fallimenti e nipoti”
Piango. In metro, così, senza vergogna.
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❤️❤️❤️
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