La consapevolezza di non essere dalla parte privilegiata ti porta ad esporti sempre in maniera pericolosa, vertiginosa, con paroloni di cui non conosci il senso.
Che poi io soffro di vertigini.
Sono tornata in Italia, e dopo anni sono uscita con un ragazzo che usa paroloni per parlare di temi molto semplici.
-Me la dai?
Quando? –
Nell’impossibilità di usare queste due semplici frasi,
(ragion per cui si reputa un romantico dell’800)
, mi ha costretto ad ascoltare per ore frasi su frasi della sua tragica esistenza.
Ma perché non parti? Perché non voglio dargliela vita. Ma vinta a chi? A tutti.
E con questa frase mi sarei dovuta girare e partire a piedi,
una bella passeggiata di venti chilometri.
Invece mi sono immolata, ho ascoltato, gli ho teso la mano,
(lurida di gocce di birra, briciole di patatine e noia a fiumi)
e sapevo già che avremmo limonato in macchina.
M’illudevo che sarebbe stato bello.
Non lo è stato.
Non l’ho ammesso.
Diciamo che lui era il mio caso probono.
Sai quando ti immoli per i casi umani? Sapendo già che ne uscirai mangiato e consumato, che tanto il cuore è già a pezzi.
[E porco dighel sto iniziando a parlare come lui.]
Alla fine mi dispiace, l’ho usato per sentirmi un po’ meglio, perché mi facevano ridere quei paroloni per non dire niente, quella negatività,
-segno distintivo di chi non ha mai lasciato la campagna, e quella faccetta di cazzo tipica dell’uomo che anni fa minacciava costantemente la sua compagna.-
(Nascondendosi dietro alla costante, e sempre presente, omertà delle campagne del nord)
Il karma l’ha punito facendogli conoscere l’unica donna della sua vita che l’abbia trattato con sufficienza.
Sono orgogliosa del mio operato? Certo che no.
Non ci sentiremo mai più,
come la volta prima
e come la volta prima mi sono ritrovata con sensi di colpa
e la certezza che certe cose non vanno rifatte.
Ma io ripesco le cose, le riuso e le trovo belle
e le rubo a chi
della Caritas invece avrebbe bisogno.